Si dice che l’elettricista è la prima e l’ultima persona in cantiere, perché dapprima il cantiere e poi l’edificio non possono fare a meno dell’elettricità in nessun momento. Già nella prima fase di ampliamento è stata prevista una sbarra collettrice, attraverso la quale l’edificio D può essere collegato all’esistente rete elettrica autonoma del sito. I progettisti, gli installatori elettricisti e la committenza lavorano a stretto contatto per garantire che le esigenze degli utenti siano soddisfatte e che le numerose interfacce dell’infrastruttura tecnica dell’edificio vadano a buon fine.
Fino a 60 installatori elettricisti e fornitori di sistema sono sul posto e posano tra l’altro centinaia di chilometri di cavi sui sistemi portacavi integrati nei pavimenti e nei soffitti, oppure programmano i relativi sistemi. Allestiscono infrastrutture impiantistiche che oltre ad avere un aspetto ordinato ed esteticamente riuscito, in futuro saranno anche facilmente accessibili per la manutenzione.
Oltre agli standard di costruzione generali, sono stati utilizzati criteri nuovi e flessibili per ottimizzare temi di interesse come l’elettromobilità, il fotovoltaico e le attrezzature di base delle postazioni di lavoro.
Realizzare obiettivi di sostenibilità con lungimiranza: l’impianto fotovoltaico installato sul tetto dell’edificio D. Da sinistra a destra: Siegfried Burkhalter (UFCL), Andreas Bischoff (Bering AG), Stefan Iseli (Elektro Burkhalter AG).
L’elettricità è uno dei termini spesso e volentieri usati per descrivere le complesse e diverse esigenze da soddisfare all’interno dell’edificio. L’elettricista è la persona che provvede all’alimentazione elettrica. Ma affinché, ad esempio, una luce si accenda quando si preme un interruttore occorre di più: è necessario il prodotto comunemente denominato «energia elettrica». Tale forma di energia è distribuita nell’edificio attraverso un’infrastruttura pianificata ed efficiente in modo tale che il consumo delle utenze elettriche, come i sistemi di riscaldamento e raffrescamento, l’illuminazione, gli impianti di comunicazione e di sicurezza, combaci in qualsiasi momento con il fabbisogno preventivato e che tutti i sistemi funzionino senza interruzioni.
L’edificio D dispone di una sbarra collettrice in rame da 4000 ampere attraverso la quale l’energia viene distribuita lungo percorsi di cavi elettrici che vanno via via ramificandosi. L’infrastruttura principale corre attraverso le due guaine tecniche verticali dell’edificio fino al quinto piano. Nei vari piani, le canalette portacavi sono disposte superficialmente nei pavimenti sopraelevati e nei controsoffitti. Il percorso dei cavi, così raggruppato e ottimizzato, consente di eseguire interventi di manutenzione e riparazione semplici su ogni piano.
Stefan Iseli, Christoph Darioli, Reto Bianchi e la loro squadra sono le persone che «provvedono all’alimentazione elettrica» dell’edificio D. Si assicurano che ogni connessione, ogni presa e ogni interruttore siano installati e che i sistemi funzionino come prescritto. Iseli è responsabile del progetto dalla firma del contratto fino al conteggio finale; Darioli coordina l’esecuzione dei lavori in cantiere, mentre Bianchi ha il compito di dirigere le squadre. «Se ci viene data l’opportunità di partecipare e la libertà di creare, garantiamo valore aggiunto», afferma Stefan Iseli. «La committenza promuove processi collaborativi, alle nostre proposte è sempre stata accordata la dovuta attenzione».
Una tale proposta ha preso forma – come spesso accade – durante lo svolgimento delle attività quotidiane. Per installare l’illuminazione artificiale a 20 metri di altezza nel tetto dell’atrio, gli installatori elettricisti si sono serviti del ponteggio già allestito per realizzare la facciata interna. In questo modo non è stato problematico accedere alle altezze elevate. Ma come fare in futuro quando l’edificio sarà occupato e sarà necessario riparare qualcosa lassù?
Stefan Iseli (a sinistra), Andreas Bischoff e Siegfried Burkhalter (a destra) discutono di un argomento di attualità nell’edificio D. Non esistono quasi più piani cartacei stampati. Lo strumento di lavoro è l’i Pad.
Iseli è installatore elettricista AFC, ha seguito corsi di perfezionamento per diventare consulente in sicurezza elettrica e capo progetto con attestato professionale federale, e infine installatore elettricista diplomato. Lavora come responsabile di grandi progetti. Il quarantatreenne vanta 23 anni di esperienza professionale, ragiona da artigiano e da rappresentante aziendale attento alle esigenze della clientela. «Non vogliamo avere convertitori LED dappertutto nel soffitto», afferma. «Per questo abbiamo riflettuto su come organizzare diversamente la tecnica». Normalmente tali convertitori vengono installati direttamente negli apparecchi di illuminazione a LED. Quando si rompe o si deve sostituire qualcosa, con ogni probabilità si tratta del convertitore LED. «Abbiamo cercato soluzioni con il fornitore di apparecchi di illuminazione per progettare le lampade in modo diverso». Il risultato è stato un successo, e quindi un enorme vantaggio per la manutenzione futura. Nel piano sottotetto è stata progettata un’apposita sala di manutenzione, dove ora sono alloggiati i convertitori LED, accessibili senza una speciale piattaforma di sollevamento. I professionisti hanno sviluppato ulteriormente questa idea applicandola anche all’illuminazione a soffitto degli ambienti alti due piani. Lì i convertitori LED delle lampade sono alloggiati in guaine tecniche verticali, accessibili ma invisibili.
Questa soluzione è stata possibile anche perché l’appaltatore degli impianti elettrici, in stretta collaborazione con il pianificatore illuminotecnico (si veda l’intervista a Christian Burtolf a pag. 14), non è responsabile solo dell’installazione, ma anche dell’acquisto degli apparecchi di illuminazione. Ciò che prima era compito del pianificatore illuminotecnico ora compete alla persona responsabile di installare gli apparecchi di illuminazione. Con il vantaggio che eventuali problemi progettuali possono essere individuati e risolti tempestivamente.
Il referente in caso di domande cruciali e promotore di soluzioni intelligenti è Siegfried Burkhalter. «Fungo da interfaccia fra tutte le parti coinvolte: elettricisti, pianificatori, fornisco informazioni ai gestori dell’edificio e l’anno prossimo mi occuperò di controllare la qualità di tutti gli impianti elettrici». In veste di consulente elettrotecnico presso l’UFCL, specifica ciò che gli edifici della Confederazione devono essere in grado di fare. Analizza i fabbisogni, formula il capitolato d’appalto, supporta il pianificatore ed è il referente durante l’esecuzione dei lavori. Burkhalter, ingegnere in elettrotecnica SUP, il 30 aprile di quest’anno ha festeggiato i suoi 30 anni di attività presso l’Amministrazione federale in veste di specialista, ma soprattutto garantisce una cosa: una chiara comunicazione. Che il suo lavoro riguardi edifici amministrativi, centri di ricerca o strutture doganali, si chiede sempre: «Cosa c’è di particolare? Chi ha bisogno di cosa e che cosa deve essere ancora organizzato?».
Oltre che del centro amministrativo in Guisanplatz Burkhalter si occupa anche dei centri amministrativi di Zollikofen e Ittigen. «Verifichiamo quante postazioni di lavoro è possibile allestire su ogni piano e su tale base si progettano poi i cavi dati». Per l’edificio D si trattava di riflettere su quante postazioni di lavoro dovessero essere dotate almeno di tecnologie dell’informazione e della comunicazione (TIC) e se fosse possibile aggiungere applicazioni specialistiche dell’organizzazione che rappresenta gli utenti. Una soluzione per ottenere postazioni di lavoro standard utilizzabili in modo flessibile e attrezzate in modo efficiente è la standardizzazione non solo degli arredi, ma anche delle connessioni.
Durante l’intera fase di progettazione i pianificatori, l’architetto e Siegfried Burkhalter hanno elaborato diversi progetti flessibili e unificanti, la maggior parte dei quali sono stati anche realizzati. Ad esempio, nel processo con il pianificatore elettricista e in seguito all’esperienza acquisita nella prima fase, sono stati creati solo due tipi di scatole da incasso per pavimenti tecnici. Tali scatole contengono tutti i collegamenti necessari, sono incassate nel pavimento sopraelevato e consentono il percorso ottimale dei cavi. Nella prima fase di ampliamento ne erano stati installati di diversi tipi. Con 1200 nuove postazioni di lavoro nell’edificio D, la standardizzazione è sinonimo di efficienza in tutte le fasi, dall’esecuzione dei lavori alla successiva utilizzazione quotidiana.
L’UFCL ha il ruolo fondamentale di partecipare con coerenza alla trasformazione del suo vasto portafoglio immobiliare. Ciò richiede anche lo sviluppo di piani di attuazione che includano impianti di produzione di energia elettrica e stazioni di ricarica per i veicoli elettrici. Andreas Bischoff è il progettista incaricato di realizzare l’alimentazione elettrica e l’impiantistica dell’edificio, dalla pianificazione alla realizzazione del progetto. Dal quadro di distribuzione principale del sito fino all’ultima presa, lui e il suo team hanno sviluppato schemi elettrici e piani di installazione per garantire il funzionamento dell’edificio.
Sottostazione per l’illuminazione di sicurezza delle uscite d’emergenza, della segnaletica delle vie di fuga e dei corridoi.
Bischoff ha raggiunto una pietra miliare nel giugno 2025, quando è entrato in esercizio l’impianto fotovoltaico. 342 moduli da 440 watt ciascuno sono in grado di produrre 150 kW all’ora. Quando l’edificio entrerà in funzione nell’estate del 2026, l’energia generata sarà già stata reimmessa nel ciclo e sarà disponibile per gli altri edifici della Confederazione in prossimità.
Ma quanto sono rilevanti questi parametri? Bischoff preferisce dire: «L’impianto raggiunge il massimo possibile sul tetto, anziché limitarsi a realizzare il minimo». Nel 2019 il Consiglio federale ha deciso che l’Amministrazione federale debba diventare a impatto climatico zero. Pertanto, l’UFCL sfrutta il potenziale energetico dei propri edifici, promuovendo il potenziamento degli impianti fotovoltaici sui tetti e sulle facciate. L’obiettivo è di aumentare la quota di energia solare nel mix energetico.
Quanto del futuro consumo di elettricità sarà coperto dall’impianto fotovoltaico per il momento può essere solo stimato: l’impianto fotovoltaico produrrà 138 000 kilowattora all’anno direttamente in loco presso l’edificio, il che corrisponde al fabbisogno energetico annuale di 34,5 economie domestiche. In tal modo sarà coperto il 15 per cento del fabbisogno energetico annuale di questo edificio amministrativo. Poiché la restante elettricità richiesta è verde perché proveniente da energia idroelettrica, l’edificio D soddisfa gli obiettivi di sostenibilità stabiliti dal Consiglio federale.
Siegfried Burkhalter ha sviluppato un’altra soluzione intelligente facendo un’analisi pragmatica. Nel piano interrato 73 posti auto saranno dotati di stazioni di ricarica standard per veicoli elettrici. Tali stazioni di ricarica devono essere riparabili, affidabili, conformi alla normativa sulla taratura e in grado di rifornire i veicoli di servizio indipendentemente dal modello e dal fabbricante. Burkhalter si è chiesto quanta potenza di ricarica occorresse effettivamente. La capacità delle infrastrutture di ricarica è spesso calcolata in eccesso. «Non conoscendo le circostanze specifiche, si presume che tutti i veicoli vengano caricati rapidamente nello stesso momento, di conseguenza le infrastrutture risultano sovradimensionate. E questo costa preziose risorse e soprattutto denaro dei contribuenti».
Burkhalter ha pertanto calcolato un valore medio. Grazie ai meticolosi registri tenuti dai responsabili della flotta, conosce il chilometraggio giornaliero abituale dei veicoli e ne ricava il fabbisogno di ricarica. Sa che i veicoli del pool possono essere ricaricati durante tutta la notte nel centro amministrativo. I dipendenti portano a casa un terzo dei veicoli di servizio per motivi di lavoro, mentre due terzi rimangono presso la sede aziendale.
«Ho analizzato parecchie statistiche annuali ed esaminato varie ipotesi. Ne sono scaturiti dei parametri, che ora stiamo applicando».
Tali parametri mostrano in modo semplice ai responsabili le percorrenze chilometriche massime giornaliere della loro flotta veicolare. A detta di Burkhalter, non occorre più pianificare in modo sovradimensionato e con un ampio margine di sicurezza. L’infrastruttura di ricarica può essere invece pianificata concretamente da Andreas Bischoff in base ai parametri di Burkhalter e realizzata da Stefan Iseli e dal suo team.
Le stazioni di ricarica per veicoli elettrici, i moduli fotovoltaici, le postazioni di lavoro e l’illuminazione sono solo una parte del vasto campo dell’elettrotecnica. C’è molto altro da considerare: comandi dei sistemi oscuranti, impianti di sicurezza, la segnaletica per le vie di fuga e di salvataggio, la protezione antincendio, le forniture di terzi o impianti di utenza... tutto ha bisogno di elettricità. Bischoff dice che «non è sufficiente pianificare l’infrastruttura dal punto A al punto B. Si deve tenere conto anche dell’accessibilità, del risanamento di impianti delicati al termine della loro vita utile, delle sezioni dei cavi in considerazione dei cali di tensione e delle correnti di cortocircuito, nonché degli spazi di riserva lungo le linee elettriche, nelle guaine tecniche verticali e nei pavimenti sopraelevati».
Come ritiene Stefan Iseli, la sfida più grande è mantenere l’equilibrio tra la responsabilità economica di progetti di tale portata, la garanzia della competenza in loco, la perseveranza negli anni volta a raggiungere risultati di alta qualità grazie al lavoro di squadra. «Lavoriamo in un buon ambiente. Il cantiere è molto gradevole. Si può far confluire le proprie idee e si ha tempo di riflettere oltre insieme ad altri. È così che dovrebbe essere il settore delle costruzioni del futuro.
Siegfried Burkhalter (*1962) è consulente elettrotecnico nel settore del management di progetto presso l’UFCL. Rappresenta la committenza sul fronte della progettazione elettrotecnica ed illuminotecnica.
Andreas Bischoff (*1983) è capo progetto generale nel settore elettrotecnico dalla progettazione al collaudo. Il disegnatore elettrotecnico diplomato ha seguito diversi corsi di perfezionamento professionale, ha partecipato già a tre grandi progetti che sono durati oltre dieci anni. Lavora da 25 anni presso la Bering AG.
Stefan Iseli (*1982), installatore elettricista dipl., lavora come capo progetto presso la Elektro Burkhalter AG di Berna. In questa seconda fase di ampliamento ha la responsabilità strategica e finanziaria per la messa a disposizione degli impianti elettrici.
Non ha mai costruito una casa da solo, anche se ne sarebbe capace. Christian Burtolf preferisce dedicarsi all’illuminazione degli edifici. Un dialogo sulla gestione della luce, sulla famiglia di apparecchi di illuminazione per l’edificio D e sulla qualità di una buona postazione di lavoro.
È una mattina di maggio molto soleggiata e Christian Burtolf si trova nell’atrio dell’edificio D, a braccia conserte, guarda verso l’alto. Il suo sguardo si sofferma a 20 metri più in alto sul lucernario in vetro, le cui lastre inclinate realizzate in vetro isolante filtrano il 69 per cento della luce solare, lasciando tuttavia entrare luce sufficiente per animare le facciate interne con un gradevole gioco di luci e ombre e illuminare il grande volume interno fino al piano terra. Burtolf è architetto ETH, ma lavora da sempre come pianificatore illumino tecnico, o come si definisce lui «come architetto di luci e ombre». Il fascino della luce è appunto anche l’oscurità. «Ci giochiamo, con la luce definiamo volutamente un ambiente: luce e oscurità laddove servono».
La sensazione di un edificio e l’effetto degli ambienti non derivano solo dall’architettura, ma anche dall’abbinamento ben orchestrato di luce naturale e artificiale. L’edificio D è costruito secondo lo standard Minergie ECO. Sono richieste buone condizioni di luce diurna per gli spazi di lavoro e di soggiorno all’interno. Considerato il volume di questo edificio, ciò costituisce una sfida e richiede una stretta collaborazione tra l’architetto e il pianificatore illuminotecnico.
Christian Burtolf (*1975) ha studiato architettura presso il Politecnico di Zurigo. Lavora come pianificatore illuminotecnico dal 2002. Nel 2010 ha fondato la sua propria ditta Lucet GmbH a Berna.
Guardo l’edificio. Dapprima affronto questioni fondamentali riguardanti la geometria. Come si colloca l’edificio? Verso quali punti cardinali è orientato? Che tipo di finestre ha e quante sono? Quanta luce diurna entra effettivamente all’interno e come viene sfruttata? A che piano si trova il tetto dell’atrio e cosa significa per la situazione dell’illuminazione delle postazioni di lavoro nell’atrio?
L’edificio D presenta superfici vetrate sulla facciata esterna. E riceve luce diurna attraverso il grande lucernario in vetro e la facciata interna dell’atrio con le sue finestre. Abbiamo effettuato una valutazione della luce diurna su un campione di uffici e verificato la corretta disposizione delle postazioni di lavoro.
Sì, la Confederazione stabilisce precisamente ciò che gli ambienti di lavoro di alta qualità devono raggiungere per consentire un uso polivalente degli ambienti ed essere utilizzabili a lungo termine. Abbiamo investito molto tempo non solo nello studio dell’edificio e nel confronto con gli altri edifici realizzati nella prima fase. Ma anche nell’ottimizzare la ripartizione dell’utilizzo in termini di luce diurna e artificiale.
Siamo in grado di visualizzare la luce sulla base della geometria prevista. Da lì partiamo per studiare le piante e le sezioni, poi comunichiamo agli architetti il risultato. E per migliorarlo suggeriamo loro come deve configurarsi lo spazio. A tutto ciò si aggiunge la variabile costituita dalla fisica della costruzione. Se le finestre sono troppo grandi, certamente fanno entrare più luce diurna negli ambienti, ma ne risente il bilancio termico. Scendiamo continuamente a compromessi per tenere conto di tutti i requisiti.
Luminosa e gradevole: la superficie con vista sull’atrio offre spazio per utilizzazioni flessibili.
Gli ambienti sono pensati per attività che saranno svolte durante il giorno. Tuttavia, forse in futuro ci saranno delle aree presenziate 24 ore su 24. Questi diversi usi richiedono condizioni luminose diverse riguardo al colore e all’intensità della luce. Vogliamo ottenere nello spazio interno un’atmosfera luminosa e una quantità di luce la cui qualità sia possibilmente elevata a integrazione della luce diurna.
Oltre alla luce diurna, l’illuminazione artificiale, che deve essere realizzata secondo la norma UNI EN 12464/1 relativa all’illuminazione dei luoghi di lavoro interni . Tale norma prescrive che l’illuminazione non deve abbagliare e che gli spazi devono essere illuminati in modo uniforme. Questa è la base di partenza. È importante che in un ambiente non venga considerato solo il piano orizzontale, ma anche quello verticale.
In fondo a un ambiente diventa subito buio se non lo si illumina con luce artificiale. Per questo abbiamo scelto volutamente superfici chiare per le pareti. L’occhio può così orientarsi e l’ambiente viene definito. Immaginatevi una plumbea giornata di novembre. Nella nebbia non ci sentiamo a nostro agio perché ci mancano le ombre, il che limita la percezione. Negli edifici è lo stesso. Si ottengono buone condizioni luminose combinando la luce diretta con quella diffusa. La luce diretta l’ho principalmente attraverso la luce diurna, quella diffusa tramite la luce di lavoro artificiale. E attraverso la disposizione mirata della luce artificiale direzionale, posso generare nuovamente zone d’ombra, in modo da ottenere una buona percezione dello spazio.
L’edificio D presenta un soffitto in legno a doghe in tutti gli ambienti che si affacciano sull’atrio e nei corridoi. Per questa situazione abbiamo studiato una soluzione che funziona su tutti i piani: l’illuminazione è integrata in tali doghe. Come nella prima fase, gli ambienti sulla facciata esterna sono provvisti di lampade a stelo, cioè con illuminazione mobile. Le sale di conferenza rappresentative ci hanno posti di fronte a un compito difficile.
Innanzi tutto perché si trovano al piano terra e si affacciano sull’atrio, non ricevono molta luce diurna e se si mette una protezione per la privacy durante le riunioni, la luce diurna è praticamente assente. Realizzeremo un’illuminazione dinamica che possa essere utilizzata per stimolare deliberatamente le persone attraverso il colore e l’intensità della luce. Chi vi trascorre mezza giornata deve potersi sentire a proprio agio.
Perché nell’intero edificio dobbiamo creare un’atmosfera semplice, buona e bella. L’illuminazione deve essere gradevole per decenni, oltre a essere funzionale e riparabile. Ci siamo presto resi conto di volere appendere dei lampadari nelle sale con soffitto alto. Esiste una relazione spaziale tra le sale conferenze, l’atrio e l’ingresso. È quindi opportuno utilizzare strumenti illuminotecnici che appartengano formalmente a un’unica famiglia di apparecchi di illuminazione. Poiché questa non esisteva, l’abbiamo sviluppata noi.
I corpi illuminanti sul lucernario in vetro sostengono l’apporto di luce diurna nell’atrio quando il tempo è uggioso.
Nell’edificio ci sono tre tipologie di apparecchi di illuminazione. Un elemento di base ripetitivo, costituito da un cilindro in vetro con una sorgente luminosa, è installato in numero e disposizione diversi: come applique singole o su anelli di 100 centimetri con otto di tali cilindri in vetro. I grandi lampadari nelle sale conferenze hanno 24 cilindri in vetro.
E lo è. È proprio qui che risiede la forza. I cilindri in vetro formano anelli illuminanti rappresentativi che potranno essere manutenuti facilmente nei prossimi anni e, all’occorrenza, anche rinnovati tecnicamente.
Abbiamo indetto un bando di concorso funzionale: per vari tipi, per l’illuminazione tecnica, l’illuminazione da ufficio e quella per le sale conferenze. La ditta Moos Licht di Lucerna ha vinto il bando relativo ai corpi illuminanti, che sono realizzati in materiali industriali standard, ossia metallo e vetro industriale tradizionale. Entrambi sono longevi e possono essere riparati. L’aspetto rilevante è l’elettronica che invecchia. Gli elementi a LED impiegati, se occorre, possono essere sostituiti.
L’edificio D non presenta soluzioni speciali complesse, bensì uno standard funzionale, seppur raffinato.
Sì, qui abbiamo tre sistemi di illuminazione. Un’illuminazione di base, integrata nei montanti del tetto e amplificata dalla luce diurna. Questi corpi illuminanti lineari e non abbaglianti sono pressoché invisibili. Poi illuminiamo gli elementi in cemento delle facciate interne per rendere visibile l’altezza dell’ambiente e dare a questo luogo il carattere di una piazza pubblica, in linea con l’idea degli architetti. E al piano terra sono presenti applique a parete a livello del soffitto.
Che forse avremmo potuto trovare prodotti standard per tutte le aree, ma che nessuna famiglia di apparecchi di illuminazione è utilizzabile in maniera così efficiente e standardizzata. Verificare questo aspetto e convincere poi le parti coinvolte è costato tanta energia.
Dopo aver concluso gli studi prevedevo di guadagnare qualcosa e poi di fare un viaggio prolungato alla scoperta del mondo. Ho iniziato a lavorare per un’azienda di Zurigo che si occupava di progettazione illuminotecnica. I due mesi di occupazione temporanea nel 2002 sono diventati otto anni. E non c’è stato nessun viaggio. Penso di avere avuto un’illuminazione! La professione di pianificatore illuminotecnico si è affermata soltanto negli ultimi due o tre decenni. Oggi la pianificazione illuminotecnica è diventata ovvia perché tutti si sono resi conto delle incredibili possibilità che offre alla qualità degli ambienti.
Per saperne di più: www.orientamento.ch
Christoph Darioli (*1986)
Installatore elettricista con diploma federale, capo progetto Installazione
«Ho imparato il mestiere di montatore elettricista dal 2002 al 2006 presso una piccola impresa di Meiringen BE. Poi ho seguito corsi di perfezionamento per diventare consulente in sicurezza e capo progetto, e ho conseguito il titolo di maestro artigiano. Oggi lavoro in cantiere a stretto contatto con il nostro direttore dei lavori Reto Bianchi, che dirige le singole squadre e le coordina insieme a Stefan Iseli, responsabile dell’intero progetto. Io verifico il cronoprogramma dei lavori, pianifico gli interventi, coordino l’acquisto dei materiali e lo scambio con le imprese subappaltatrici, controllo le consegne e le fatture.
All’inizio del lavoro tutti i collaboratori si riuniscono nel nostro deposito al primo piano interrato. Questo è anche il momento in cui si raccolgono le informazioni e le si trasmettono a tutti, in modo da poter coordinare al meglio i lavori in caso di modifiche dell’ultimo minuto. Nel deposito abbiamo a disposizione macchine per caffè, frigoriferi e forni a microonde. È importante che le persone si sentano a proprio agio. E che sappiano di essere importanti. Questo aspetto viene a volte dimenticato nel settore delle costruzioni».
Christoph Darioli (*1986), installatore elettricista con diploma federale, capo progetto Installazione.
Gli alunni e i loro insegnanti possono visitare il cantiere e sperimentare varie professioni in loco. Maggiori informazioni sono disponibili sul sito web del nostro progetto.
Ramona Hirschi (20) lavora come falegname trasfertista. Nell’intervista ci parla del legno, dei lunghi fine settimana e della sua vita in fattoria.
I compiti sono svariati e giro per tutta la Svizzera. Abbiamo spesso cantieri a Losanna o a Ginevra, dove solitamente lavoriamo da lunedì a giovedì. Le nostre giornate di lavoro sul posto sono più lunghe. Lavoriamo in anticipo anche per venerdì e poi abbiamo un fine settimana di tre giorni.
Ad esempio, quando lavoriamo nella Svizzera francese partiamo dalla falegnameria a Schüpbach alle cinque del mattino. Altrimenti iniziamo alle sei del mattino. Arriviamo in ditta e ci mettiamo a preparare il materiale che ci serve per la giornata. A partire all’incirca dalle sette siamo in cantiere. Il nostro caporeparto mette insieme la squadra da inviare in trasferta. Il capo progetto ci comunica le mansioni da svolgere nella giornata.
Sono diventata falegname perché trovo interes sante la strada percorsa dall’albero prima di diventare un mobile. Il legno è un bel materiale e profuma bene. Posso lavorare con le mani e alla sera vedo ciò che ho creato. La ditta Röthlisberger AG, dove lavoro, è specializzata in rifiniture interne. Costruiamo cucine, armadi, pareti e rivestimenti per pareti. Io ho il compito di montare questi elementi sul posto.
Ramona Hirschi (*2005) ha imparato la professione di falegname AFC concludendola nel 2024. Lavora sin dall’inizio presso la stessa ditta specializzata (falegnameria Röthlisberger AG) dove lavorano 170 dipendenti, tra cui 25 apprendisti.
A tredici anni ho partecipato alle giornate informative in varie aziende. Dopo le scuole secondarie, a quindici anni, ho iniziato la mia formazione presso la Röthlisberger AG. È durata quattro anni. Dall’anno scorso sono falegname AFC. Come progetto finale ho costruito un letto in legno di frassino con telaio e pannelli mortasati. Ora non costruisco però più nulla.
Perché monto sul posto ciò che i miei colleghi hanno costruito e a casa non ho l’infrastruttura per farlo. Forse amo vivere all’aria aperta, fare qualcosa di fisico e lavorare con le mani perché sono cresciuta in una fattoria. Siamo quattro figli in famiglia. Io abito ancora a casa a Eggiwil nell’Emmental. Nel fine settimana do una mano. Quando mi assento per più giorni, in fattoria restano in sospeso molti lavori.
Produciamo latte con 50 capre, 13 vacche, 20 vitelli da ingrasso e circa 25 bovini. È una bella vita, condividiamo molto in famiglia.
Mi piace lavorare in squadre diverse. Talvolta siamo soli in cantiere, altre volte in due o in squadre più grandi. Il carico di lavoro varia da settimana a settimana. Da noi a casa io e mio fratello frequentiamo un gruppo giovanile rurale aperto ai giovani da 14 ai 30 anni. Facciamo cose che non faremmo da soli: scampagnate primaverili, feste, partite di bowling.
L’anno prossimo a partire da aprile lavorerò sei mesi in Canada. Andrò in un’azienda agricola che coltiva i campi. In questo modo posso fare esperienza e poi combinare le nuove conoscenze con quelle acquisite nel settore lattiero e nella professione di falegname.